Cheratocono: cos'è, sintomi e cure
Cause del cheratocono
I ricercatori credono che il cheratocono sia probabilmente causato da una combinazione di genetica e altri fattori come etnia, età e genere. In altre parole, sembra che alcune persone siano geneticamente più predisposte ad esserne affette, in concomitanza con un agente scatenante come lo strofinarsi gli occhi o indossare le lenti a contatto.
Il cheratocono può essere scatenato anche da condizioni come febbre da fieno, eczema, asma allergica, o apnea notturna.
Semprerebbe inoltre essere più frequente nelle persone di origine sud-asiatica. Il cheratocono si sviluppa poi con maggiore probabilità negli adolescenti e nei giovani adulti più che in altri gruppi d'età.
Se hai già sviluppato il cheratocono, è probabile che peggiori fino a quando raggiungerai circa 35 anni. Tuttavia, in seguito potrebbe rallentare o persino interrompersi.
Il cheratocono, inoltre, è relativamente raro e colpisce circa 1 persona su 2.000. Per via del legame genetico, è più probabile sviluppare il cheratocono se un membro della propria famiglia già ne soffre.
Convivere con il cheratocono
Il cheratocono spesso può essere corretto indossando occhiali o lenti a contatto, specialmente durante gli stadi iniziali.
Con il tempo, la cornea si deforma sempre di più e gli occhiali e le lenti a contatto morbide potrebbero non essere più d'aiuto; potresti quindi aver bisogno di indossare lenti a contatto dure, chiamate anche “lenti rigide gas permeabili”. Alcune di queste sono conformate proprio per persone affette da cheratocono. Se trovi scomode le lenti a contatto dure, esistono altre opzioni, come ad esempio le lenti a contatto ibride, che hanno un centro duro con un anello esterno più morbido. Sotto le lenti a contatto dure si possono indossare le lenti a contatto morbide, le quali agiscono come una sorta di imbottitura per gli occhi.
Se hai il cheratocono e indossi gli occhiali o le lenti a contatto per correggerlo, potresti dover cambiare la ricetta oculistica più spesso del solito. Questo perché la tua cornea è più sottile e flessibile, perciò potrebbe cambiare forma più rapidamente.
Se il cheratocono sta peggiorando, avrai bisogno di lenti sempre più forti per correggerlo. In altre parole, saranno più spesse e pesanti e potrebbero distorcere la tua visione laterale. Un'altra difficoltà con le lenti a contatto per il cheratocono è che potrebbero causare la sindrome dell'occhio secco. Questo è un rischio che corre chiunque indossi lenti a contatto, ma può essere più grave in caso di cheratocono. Infatti, la cornea irregolare rende più difficile per la palpebra distribuire il film lacrimale sulla superficie dell'occhio in modo uniforme. Se soffri della sindrome dell'occhio secco, è consigliabile utilizzare un collirio idratante.
Come curare il cheratocono
Come anticipato, il cheratocono, se non è troppo severo, può essere corretto indossando occhiali da vista o lenti a contatto particolari.
Tuttavia, per curare definitivamente il cheratocono è necessario sottoporsi a un intervento chirurgico. Può trattarsi di un trapianto di cornea o di un impianto corneale.
Reticolazione del collagene
Esiste anche una terapia relativamente nuova chiamata reticolazione del collagene o cross-linking corneale (CLX o C3R).
La reticolazione del collagene è un intervento che può essere effettuato in ambulatorio, viene eseguito su un occhio per volta, ha una durata di 30 minuti circa ed è efficace nel 94% dei pazienti. Lo scopo principale della reticolazione del collagene è di evitare che il cheratocono peggiori, quindi è raccomandata solo se la cornea continua a deformarsi. Non è consigliata invece in caso di cornea estremamente sottile.
Nello specifico, la reticolazione del collagene aiuta ad aumentare il numero delle fibre di collagene, rendendo più forte la cornea. La cornea è infatti composta da molti strati. Lo strato intermedio, chiamato stroma, consiste in una rete di fibre di collagene collegate tra loro. Se soffri di cheratocono, questi collegamenti non sono abbastanza forti da dare la forma corretta alla tua cornea, che perciò si rigonfia verso l'esterno assumendo la forma di un cono.
La procedura di reticolazione viene solitamente eseguita sotto anestesia locale. L’intervento prevede la rimozione di un piccolo pezzo della superficie della cornea tramite l'applicazione di un collirio contenente vitamina B2 (riboflavina) e l'esposizione dell'occhio alla luce ultravioletta.
Impianto corneale
Un'altra opzione per il trattamento chirurgico del cheratocono è l'impianto corneale. Si tratta di un anello in plastica che viene inserito nella cornea per aiutarla a mantenere la forma corretta. Questo invertento solitamente viene eseguito su entrambi gli occhi contemporaneamente, sotto anestesia locale o totale. Gli impianti solitamente non curano il cheratocono, ma possono facilitarne la correzione insieme all’utilizzo di occhiali o lenti a contatto correttive. Possono anche modificare la forma della cornea, aiutando le lenti a contatto ad adattarsi meglio all’occhio.
Trapianto di cornea
Un trapianto di cornea consiste nella rimozione parziale o totale della cornea per sostituirla con la cornea sana di un donatore. Probabilmente verrà prima tentato un trapianto parziale, chiamato cheratoplastica lamellare anteriore profonda. Gli strati esterni del centro della cornea vengono sostituiti con il tessuto di un donatore, ma lo strato interno non viene toccato.
Se lo strato interno della cornea è danneggiato, o se hai già subito un trapianto parziale e non ha funzionato, potrebbe venirti proposto un trapianto completo. Questo trapianto si chiama cheratoplastica penetrante e prevede la sostituzione dell'intera cornea con quella di un donatore.
In entrambi i casi, la cornea del donatore verrà fissata con dei piccoli punti che vanno lasciati in loco per molto tempo: sei mesi per un trapianto parziale e 12 mesi per un trapianto completo.
La convalescenza può essere molto lunga e prevede l’utilizzo di un collirio steroideo per almeno sei mesi, per evitare che il corpo rigetti la cornea donata e per ridurre il rischio di cataratta o glaucoma.
Il 95% dei pazienti che sono stati sottoposti a trapianti completi, e anche una percentuale più alta di quelli parziali, dopo cinque anni non vede ripresentarsi la malattia.